“DANTE E IL VIAGGIO DEL GENIO” Cento xilografie di Salvador Dalí in mostra a Sarzana
Dal 26 novembre 2022 al 5 febbraio 2023 la fortezza ospiterà l’esposizione “Salvador Dalí. Dante e il viaggio del Genio” promossa dal Comune di Sarzana, organizzata da Comediarting e curata da Gina Ingrassia.
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Cento xilografie a colori di Salvador Dalí raccontano e reinterpretano in modo originale e rivoluzionario il viaggio di Dante nella Divina Commedia, il capolavoro trecentesco le cui prime traduzioni in lingua straniera furono proprio in castigliano e catalano.
Dopo il ricco calendario di iniziative che la città ha dedicato a Dante in occasione dei 700 anni dalla morte, torna quindi un ulteriore omaggio al Sommo Poeta e al suo capolavoro attraverso l’interpretazione di uno dei più grandi artisti del Novecento. “Abbiamo pensato a Sarzana come a una grande Città di cultura, capace di ospitare ogni anno grandi mostre di livello nazionale e internazionale e abbiamo realizzato questa ambizione – dichiara il sindaco Cristina Ponzanelli. – Grandi artisti come Banksy e Obey sono un omaggio alla contemporaneità di Sarzana, riscoprire Gian Carozzi o Piero Colombani un omaggio alla sua storia. La Mostra di Salvador Dalí rappresenta insieme l’orgoglio di proporre a Sarzana un artista globale come il Maestro surrealista spagnolo e l’orgoglio della nostra identità sarzanese, con un racconto di Dante Alighieri che ha mosso i suoi passi nella nostra Città. Sarà una mostra anche didattica, per offrire ai ragazzi delle nostre scuole lo studio di due artisti assoluti che si incrociano a Sarzana”.
L’esposizione sarzanese propone un interessante excursus sulla Divina Commedia e un avvincente dialogo tra due geni della cultura, lontani nel tempo e nello spazio ma uniti reciprocamente da un’interpretazione del mondo per certi versi simile che apre a suggestivi scenari metafisici e mondi visionari.
Le cento xilografie a colori presentate in mostra, che costituiscono uno dei capolavori illustrati del secolo scorso, sono il risultato di un ambizioso progetto che ha una lunga e articolata storia. È il 1949 quando il Governo Italiano, in vista delle celebrazioni per i 700 anni della nascita di Dante, che si sarebbero svolte nel 1965, commissiona a Dalí un’opera colossale che prevede l’illustrazione della Divina Commedia, progetto che per alterne vicende e ragioni indipendenti dalla volontà dell’artista subisce variazioni continue non giungendo mai a compimento nella forma ipotizzata.
Gli acquerelli realizzati da Dalí portano infine alla realizzazione delle cento tavole xilografiche, frutto di ulteriori cinque anni di lavoro con il coinvolgimento di alcuni tra i migliori maestri incisori dell’epoca e dell’uso di ben 3500 legni sui quali sono impressi progressivamente i trentacinque colori di ogni tavola. Un’opera straordinaria e stupefacente che da una parte racconta la Divina Commedia e dall’altra rappresenta la sintesi del percorso personale e artistico di Salvador Dalí.
Le cento opere, divise in tre sezioni che ripercorrono i tre regni ultraterreni, raccontano attraverso il linguaggio immaginifico e la cifra stilistica di Dalí il capolavoro di Dante in maniera fortemente personalizzata. Non si aspetti dunque il visitatore una corrispondenza precisa e puntuale tra immagini e Canti, peraltro ancora oggi oggetto di studi e indagini tra esperti, poiché Dalí sembra selezionare e voler riportare sulle tavole preferenzialmente gli episodi che sono vicini alla sua storia personale e i personaggi che sollecitano la sua immaginazione e appartengono in qualche modo al suo universo psichico.
Il risultato è una “nuova” Divina Commedia che, filtrata attraverso la sensibilità e l’immaginario del maestro di Figueras, diviene di fatto un nuovo viaggio parallelo dentro la psiche e le suggestioni stesse dell’artista che si trova a confrontarsi con essa e con se stesso.
Il percorso espositivo, nel rispetto della segnatura indicata sul retro di ogni opera del corpus presentato in mostra, segue la corrispondenza tra immagine e canto elaborata dallo studioso tedesco Wolfgang Everling.
Un Inferno inaspettato è restituito all’osservatore attraverso trentasei opere dove arditamente trovano spazio la luce e i colori del Mediterraneo al posto delle ombre e delle tinte fosche e cupe convenzionali del regno degli inferi e dove primeggiano figure insolitamente alternative rispetto alla consuetudine, basti pensare a Minosse e Achille e Polissena, scelti insolitamente al posto di Paolo e Francesca a rappresentare il V canto, al quale Dalí dedica ben tre tavole.
Personaggi fantastici e metafisici paesaggi caratterizzano ciascuna delle trentaquattro tavole del Purgatorio, donando un volto e un’immagine ai protagonisti e alle storie raccontate dalla cantica. È il “mondo di mezzo”, inteso come ponte tra le atmosfere oniriche e surreali dell’Inferno e le iconografie celesti del Paradiso, per il quale l’artista adotta un registro pittorico che testimonia, nelle forme e nell’operato dei suoi protagonisti, l’incredibile fatica del “salire”.
E, infine, le trenta tavole del Paradiso, l’ultimo regno, collocato da Dalí “né sopra, né sotto, né a destra, né a sinistra ma esattamente nel centro del petto dell’uomo che ha fede” dove emerge, ancora una volta, la concezione metafisica e psicologica della Commedia e la grande forza evocativa delle immagini, alcune delle quali si fanno sempre più grandi, morbide e rassicuranti, altre invece evanescenti, leggere, eteree, immerse nel bagliore della luce.
Un’opera visiva straordinariamente innovativa, che si distanzia da qualunque precedente interpretazione figurativa della Commedia, in cui Dalí ripercorre per intero la personale evoluzione artistica chiamando in rassegna tutto il suo bagaglio iconografico, composto da oggetti molli, grucce, corni di rinoceronte e ossa volanti, e opera una sintesi di quel ricchissimo e proteiforme mondo interiore che riversa nella sua arte, le atmosfere surrealiste e il misticismo, il liquefarsi del tempo e dello spazio, il metodo paranoico critico e gli arditi spazi metafisici, i richiami all’arte classica e ai maestri del Rinascimento, dando vita a una suggestione e a una tensione psichica continue, dove l’occhio corre e si perde nella bellezza e lucentezza del colore e nell’evanescenza delle immagini.
Un apparato di immagini che dialoga superbamente con i mondi ultraterreni creati da Dante regalandoci un universo nuovo e inaspettato in cui immergerci.
Integrano l’esposizione undici tavole tra acqueforti e monotipi, parte di un complesso lavoro a tre mani, concepito nel 1999, che vide impegnati, su un progetto della galleria e casa editrice Nuages, tre noti illustratori incaricati di tradurre in immagini le cantiche della Divina Commedia allo scopo di dare alle stampe una preziosa edizione del poema dantesco oggi disponibile.
Lorenzo Mattotti e Jean Giraud (in arte Moebius) si dedicarono rispettivamente alle illustrazioni dell’Inferno e del Paradiso, di cui in mostra sono presentate due acqueforti raffiguranti il volto di Dante. Al celebre artista americano Milton Glaser, profondamente legato all’Italia – fu allievo di Giorgio Morandi all’Accademia di Belle Arti di Bologna e autore di un celebre manifesto dell’azienda italiana Olivetti -, spettò l’illustrazione dei canti del Purgatorio di cui nove tavole, vibranti di malinconica dolcezza, sono inserite nel percorso espositivo.
L’ardito accostamento offre al pubblico un interessante termine di paragone tra culture e linguaggi figurativi diversi in relazione all’interpretazione visiva di un’opera letteraria e testimonia altresì l’attualità, il fascino e il profondo interesse che ancora oggi è capace di suscitare il capolavoro di Dante Alighieri.