“Alla battaglia! Presto alla battaglia”. Con questo grido iniziava una composizione per 4 voci di fine XV secolo, scritta dal fiammingo Heinrich Isaac, compositore alla corte dei Medici. Con tale motto si aprì anche, il 22 luglio 1487, uno dei molteplici periodi della storia di Sarzana, lungo sette anni, che vide la città sotto la dominazione della Signoria fiorentina dei Medici, la quale lascerà importanti segni giunti oggi sino a noi, nonostante il tentativo del genovese Banco di San Giorgio di offuscare le tracce medicee e di imporre la propria supremazia apponendo i propri stemmi nei punti strategici della città, quando nel 1496 riprese il controllo di Serazzana.
Quest’anno Sarzana festeggerà il 550° anniversario. Il 21 luglio 1465, Sarzana, ricevuto definitivamente lo status di sede vescovile (precedentemente insediata a Luni), assurse al rango di città. Per tali celebrazioni si deve ringraziare il cardinale Filippo Calandrini, il quale raggiunse il suo scopo anche grazie all’appoggio ricevuto dai fiorentini. L’aurea politica e culturale della Toscana, patria dell’arte rinascimentale, si presentò anche prima del 1487. Nel 1473 fu avviata la costruzione del Palazzo Comunale in Piazza Matteotti, su progetto di Giuliano da Maiano, che fu presto interrotta per via delle “Piccole guerre che riescono molto più dannevoli di regolari combattimenti perché continue e di poco o verun risultamento”, come commenta l’anonimo poeta di fine Quattrocento, alludendo ai continui contenziosi fra le due potenze, Genova e Firenze, per il dominio sulla città sarzanese. L’edificio fu terminato dall’architetto Roderio, da cui il palazzo prende il nome, per conto del governo genovese, anche se la struttura architettonica, in particolare la parte inferiore, richiama il modello toscano, fondendosi con quello genovese.
La matrice toscana delle due fortezze, Sarzanello e Firmafede, progettate dal 1487 al 1494 da Francesco di Giovanni detto il Francione, è rivelata non solo dai documenti d’archivio, ma anche dalla loro struttura stessa. La peculiare forma triangolare e il puntone avanzato dalla medesima forma, ovvero il rivellino (termine che Giuliano da Sangallo usa nel cosiddetto Taccuino Senese), che prola Fortezza di Sarzanello, sono elementi sviluppati nel contesto dell’aggiornata ingegneria militare toscana diffusasi poi in altre regioni, attraverso i suoi allievi. Se all’interno della Fortezza Firmafede poco è rimasto dell’originaria struttura, pesantemente inficiata dagli avvenimenti in cui è stata coinvolta e dalle scelte di restauro, le possenti mura esterne con quelle bizzarre sporgenze semisferiche possono suggerire ad un attento osservatore la committenza che ha voluto questa fortificazione. Queste prominenze possono essere viste come una sottile allusione alle palle dell’emblema araldico dello stemma mediceo, come accade più tardi nella Fortezza di San Giovanni Battista, oggi più conosciuta come Fortezza da Basso. Le mura ed i torrioni si trasformano nel gigantesco scudo dorato del leggendario progenitore della casata dei Medici, Averardo (comandante delle truppe di Carlo Magno), su cui il gigante Mugello avrebbe percosso invano la sua clava dentata, lasciando mere impronte, senza scalfirli minimamente, come racconta il manoscritto Origine e discendenza della casa dei Medici di Firenze attribuito a Cosimo Baroncelli, conservato nella Biblioteca Moreniana di Palazzo Medici-Riccardi.
Le Fortezze nate come simbolo del potere mediceo su Sarzana vennero ereditate dalla Superba ed inglobate nella sua storia, come lo dimostra un dipinto del fivizzanese Stefano Lemmi, conservato all’Oratorio della Misericordia, sede del Museo Diocesano di Sarzana, che raffigura la Trinità con la Vergine, Sant’Andrea e San Nicodemo. Interessante è il fondale paesaggistico in cui svettano i campanili della Pieve di Sant’Andrea e della Cattedrale di Santa Maria Assunta e il riconoscibile complesso della Fortezza che domina la collina di Sarzanello, che ancora nel tardo Seicento – inizio Settecento è posta a simbolo della città vescovile.
Dott.sa Laura Bianchi
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